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Spettacolo teatrale – Qohélet o Ecclesiaste
14 Aprile ore 18:30
Chi parla, in quest’opera, Qohèlet (colui che parla all’assemblea), è un uomo disingannato dalle illusioni della vita, della sapienza e della grandezza; stanco dei piaceri, della ricchezza e disgustato dalla scienza.
È un filosofo, che ripete ad ogni pagina che il giusto e l’empio sono soggetti agli stessi accidenti della vita; che l’uomo non ha niente in più della bestia; che sarebbe meglio non esser nati, che non c’è un’altra vita, e che non c’è niente di buono né di ragionevole se non il godere in pace il frutto delle proprie inutili fatiche assieme alla donna amata, ma “tutto è vuoto, un immenso vuoto e fame di vento”.
L’intera opera è di un materialista, di un nichilista ante litteram, ad un tempo sensuale e disgustato.
Sembra soltanto che all’ultimo versetto sia stata aggiunta una frase edificante su Dio, forse per diminuire lo scandalo che un libro come questo doveva provocare (non a caso Davide Maria Turoldo lo definisce “l’unico libro ateo della Bibbia”).
I critici stenteranno a persuadersi, che quest’opera sia di Salomone. È assai più verosimile che l’autore abbia voluto far parlare Salomone ma che, per quella mancanza di coerenza di cui so trova traccia anche in altre opere sacre, abbia dimenticato spesso, nel corso del testo, che stava facendo parlare un re così saggio, giusto, e ragionevole come Salomone.
Quel che sbalordisce è che quest’opera “empia ed eretica” sia stata consacrata fra i libri canonici della Bibbia. Se si dovesse stabilire oggi un nuovo canone biblico, molto probabilmente non si includerebbe certo l’Ecclesiaste, il Qohèlet .
Tutto quel che si può fare oggi, davanti ad una parola tanto tremenda e definitiva, è mascherare il più possibile il disincanto, il nichilismo che tragicamente prevale in quest’opera.
Quindi, si è fatto per l’Ecclesiaste, ciò che si è fatto per tante altre “opere” scomode e imbarazzanti per Chiesa: essere accettate perché prodotte in “tempi d’ignoranza” e quindi costretti, ad onta della ragione, a difenderle “in tempi illuminati” mascherandone “l’assurdità e l’errore” con allegorie e interpretazioni pretestuose e forzate.